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Fabio Capuzzo

Fabio Capuzzo, è riconosciuto come il più grande collezionista  mondiale del collezionismo discografico dei Goblin e della memorabilia cinematografica, ho avuto modo di conoscerlo nel 2011 a Milano durante un concerto dei New Goblin , nei camerini mentre entrambi salutavamo la band. La cosa che mi aveva colpito di questo ragazzo era la passione incontenibile  e sopratutto la maestranza di sapere tantissime cose sui Goblin e non solo, sentirlo parlare è una cosa meravigliosa.

Fabio Capuzzo

Proprio quel giorno in mano aveva le sue prime copie del suo libro ” Sette Note In Rosso “, da quel giorno siamo diventati grandi amici, ma sopratutto grazie a lui ho potuto aprire nuove porte del collezionismo estremo dei Goblin, persona splendida, gentile e cordiale, pronta sempre a darti una mano e darti informazioni, in questi ultimi anni abbiamo avuto molte occasioni di parlarci, incontrarci e tra di noi è nata non solo un amicizia bellissima, ma insieme collaboriamo l’un l’altro a cercare rarità, scambiarsi continuamente materiale, il nostro collezionismo estremo a volte potrebbe scatenare gelosie, ma noi fortunatamente amiamo condividere la nostra passione a differenza di altri collezionisti che invece vogliono tenere tutto per se, per ben due volte ho potuto essere ospite a casa sua a Padova immerso tra le sonorità musicale emanate dal suo impianto del suo stereo e le sue meraviglie, verso la fine di Dicembre 2019 ho potuto avere il tempo di poterlo intervistare per le pagine di Terra Di Goblin.

Fabio Capuzzo

Studi classici e laurea in giurisprudenza, ha frequentato la scuola di cinema del maestro Riccardo Freda, prendendo parte al lavoro di gruppo ‘Stille di sangue e lacrime di rospo‘, proiettato alla Mostra del Cinema di Venezia ed in altri festival. Ha poi realizzato le interviste incluse nel documentario ‘Rosso Italiano’ ed è stato ospite di Dario Argento durante le riprese di ‘Trauma’ a Minneapolis e St. Paul.

Nel 2011 ha pubblicato ” Goblin sette note in rosso  ( Link ) “, edito in versione inglese, aggiornata e rivista, da Ajna Bound nel 2017. Nello stesso anno ha scritto il volume ‘ Suspiria grandi vele di irrazionale e di delirio’, tradotto in inglese e giapponese ed incluso nel box celebrativo della colonna sonora di ‘Suspiria’ che ha ideato per la Cinevox. Nel 2018 ha scritto un saggio dedicato a ‘Zombi – Dawn of the Dead’, ancora inedito.

Ha collaborato alla realizzazione di una quarantina di album, in gran parte ristampe di leggendarie colonne sonore composte da Morricone, Cipriani, Ortolani, Bacalov, Umiliani, Piccioni, De Angelis, De Sica, Goblin e pubblicate dalle etichette AMS, Cinevox, Death Waltz, GDM, Cadabra, Lunaris, Cineploit.

Fabio Capuzzo

 

TDG :  Come è nata la passione per il cinema e la musica ?

 FC : È nata sin da piccolissimo. Probabilmente è innata, una cosa genetica, è nel mio DNA. È una passione per cui devo ringraziare mia mamma Franca che ha iniziato a portarmi al cinema quand’ero piccolissimo, a tre anni. Vicino a casa c’era il Lux, una sala che cambiava film ogni giorno tranne che per il weekend, e lei portava praticamente tutti i pomeriggi infrasettimanali me e mio fratello maggiore, aspettando che papà rientrasse dal lavoro. Erano gli anni dei western all’italiana e penso di averli visti quasi tutti, anche se è una cosa che mi è rimasta a livello inconscio. Mi ricordo benissimo, invece, di essermi spaventato per un trailer che solo parecchi anni più tardi scoprii essere quello de L’astronave degli esseri perduti e dello stupore vedendo alla TV la sequenza di Ultimatum alla Terra in cui un robot, uscito da una astronave, con un raggio faceva dissolvere i carri armati. Non a caso fu la fantascienza il genere che da bambino mi conquistò, tanto da acquistare libri (su tutti i due volumi di Giovanni Mongini) e frequentare le rassegne, seguito poi dai gialli e quindi dagli horror.

Fabio Capuzzo

Per quanto riguarda la musica devo ancora ringraziare mia mamma che acquistava dischi spaziando tra vari generi e che ha sempre avuto un gusto ‘moderno’ per film e musica, anche ad ottanta anni. L’altra persona che devo ringraziare è mio fratello Maurizio che ha cinque anni più di me. Con lui mi sono appassionato alla musica rock. Assieme siamo andati alla scoperta di questo mondo. In pratica ho saltato completamente la fase ‘musica per bambini’ e a sei, sette anni ascoltavo solo rock. Mio fratello è sempre stato attirato dalla tecnologia e dalla scienza (all’opposto di me che amo le materie umanistiche) ed iniziò ad interessarsi agli impianti hi-fi comprando riviste, tra cui Suono. In un numero c’era una classifica con gli album considerati fondamentali e partimmo da quelli per poi allargarci.

Fabio Capuzzo

 

TDG :  Quali sono gli artisti che ami e gli album che preferisci ?

 FC : In pratica tutta la discografia dei Led Zeppelin, dovendone scegliere solo due II e Physical Graffiti, lo stesso per i Pink Floyd fino a Wish You Were Here, Who’s Next degli Who, il primo degli EL&P. Mi è sempre piaciuto l’hard rock nelle varie declinazioni, Black Sabbath, Deep Purple, AC/DC che ho seguito sin dal primo album, e poi tutta la NWOBHM (Iron Maiden, Def Leppard, Diamond Head, Samson, Angel Witch, Holocaust, Witchfynde…). Con il passare del tempo mi sono allargato al jazz rock, alla fusion dei Weather Report e alla musica elettronica ma fondamentalmente rimango un rockettaro. Negli anni ’70 devo confessare che snobbai completamente la musica italiana, al di fuori dei Goblin penso di aver ascoltato solamente qualche disco dei Perigeo. Scoprii il prog italiano negli anni ’90 ed iniziai a comprare alcune stampe originali e da allora non mi sono più fermato. Gli anni ’70 sono stati favolosi dal punto di vista musicale (ed anche cinematografico), c’era molta più libertà e le case discografiche erano disposte a rischiare senza pressare troppo sui gruppi. Magari mancava la promozione per cui poi erano costretti a sciogliersi, però i dischi che facevano rispecchiavano le loro idee, non erano imposti.

Fabio Capuzzo

 

TDG :  Come hai conosciuto la musica dei Goblin?

FC :  Nel 1975, probabilmente sentendoli alla radio. Comprai l’album Profondo rosso e poi anche il 45, una cosa un po’ assurda a pensarci. Il film lo vidi qualche mese dopo con i miei. Rimasi stupito da come quei brani venissero utilizzati nel film, ero abituato all’ascolto del vinile. Pensai addirittura che erano stati usati poco. Comunque il film mi piacque un sacco e mi spaventò. All’epoca avevo già visto al cinema tutti i film precedenti di Dario Argento, nonostante fossero vietati ai minori di 14 anni (che non avevo nemmeno ai tempi di Profondo rosso) poiché venivano riproposti nelle sale nei mesi estivi. 

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I Goblin, quindi, li ho seguiti sin dall’inizio. Mi ricordo delle loro partecipazioni a trasmissioni televisive dell’epoca. Grazie a mio fratello riuscimmo a registrare perfettamente su audio cassetta il concerto a Sanremo del 1978 trasmesso da una emittente locale, una registrazione preziosa per la quale mi offrirono anche dei soldi per farne un bootleg ma rifiutai. I Goblin rappresentavano magnificamente l’anello di congiunzione tra le due mie passioni: il cinema e la musica rock. Nonostante questo, devo dire che all’epoca non comprai immediatamente tutti i dischi dei Goblin. Presi il 45 di Roller, comprai usati Suspiria, Roller e Zombi, nuovo Contamination ma non presi Patrick, Amo non Amo e Squadra Antigangsters. Iniziai a collezionarli all’inizio degli anni ’80 e non smisi più, allargandomi progressivamente alle carriere dei solisti, ai progetti paralleli, ai lavori come turnisti. Mi resi conto che avevano suonato in moltissimi dischi e colonne sonore senza essere accreditati perché li riconoscevo ad orecchio, per cui ogni volta che mi capitava tra le mani un disco della Cinevox pubblicato tra il 1974 ed il 1982 cercavo di comprarlo. Parallelamente acquistavo le colonne sonore di horror, gialli e polizieschi, iniziando da quelli dal suono più moderno (rock, funk, elettronico) per poi addentrarmi anche in quelle più prettamente orchestrali.

Fabio Capuzzo

 

TDG :  Quali sono state le tue collaborazioni e quali quelle attuali?

 FB : A metà anni ’80 frequentai una scuola di cinema ‘sperimentale’ (nel senso che era il primo anno che veniva attivata e ci furono un sacco di problemi!) che aveva come unico docente il grandissimo Riccardo Freda, regista di culto di film di costume, storici ed horror (I Vampiri, L’orribile segreto del dottor Hitchcock, Lo spettro). In quella occasione scrissi il soggetto per un horror che lui giudicò come il migliore. Venne poi realizzato un documentario su Freda di cui io curai la parte relativa ai film fantastique, trovando anche le scenografie. Il documentario, intitolato Stille di sangue e lacrime di rospo venne presentato nella sezione audiovisivi al Festival cinematografico di Venezia e poi in altri festival, anche stranieri. A me pareva pessimo, anche perché avevano scelto in modo scriteriato solo alcune sezioni della mia intervista. Purtroppo, nonostante le mie insistenze, non sono mai riuscito ad entrare in possesso del materiale che avevo girato con l’aiuto del mio amico ed operatore Simone. Sempre con Simone abbiamo girato il documentario Rosso Italiano, in occasione di una convention horror a Modena in cui venivano esposti al pubblico gli effetti speciali realizzati da Sergio Stivaletti alla presenza, oltre che di Stivaletti, anche di Lamberto Bava, Michele Soavi e Barbara Cupisti, da noi intervistati.  

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Nel 1992 sono stato ospite sul set di Trauma negli USA, a Minneapolis e St. Paul. Ho assistito ad una intera settimana di riprese vivendo a strettissimo contatto con Dario e Asia Argento. Una cosa fantastica per un fan come me. All’epoca consideravo Dario una sorta di parente stretto, sapevo tutto di lui e lui stesso me lo disse più volte, per cui si affezionarono a me e mi lasciarono filmare durante le riprese del film. Arrivavo sul set con loro alle 17 e tornavo in albergo con loro alle 5 di mattina. Tra Dario e Asia c’era un rapporto strettissimo, qualsiasi cosa dicevo ad uno subito dopo lo sapeva anche l’altra e viceversa. Conobbi anche Fiore. Un giorno Dario mi chiese se volevo fare una comparsata nel film e nonostante la mia innata timidezza ed il fatto che fossi terrorizzato dall’idea di fare una pessima figura, accettai. Come avrei mai potuto rifiutare un’occasione del genere?  Una cosa al di là di qualsiasi mio sogno. L’aiuto regista mi disse che avrei dovuto impersonare uno dei pazienti dell’ospedale psichiatrico e in sartoria scelsi un camicione ed una terrificante giacca da camera. Argento poi spiegò a tutti come agire: io avrei dovuto tenere le mani sulle orecchie, come se fossi disturbato dal suono di una sirena. La sequenza era complessa perché veniva girata con la steadycam che avrebbe inquadrato in ogni direzione, per cui la troupe, regista compreso, era chiusa in un’altra stanza e vedeva la scena attraverso il monitor. Il protagonista percorreva il corridoio cercando di evitare i pazienti, con il sottoscritto che girava su sé stesso con le mani sulle orecchie, urlando come un pazzo, nonostante in questa scena l’audio non fosse registrato in presa diretta. Purtroppo poi non potei doppiarmi e quindi nel film non si sentono le mie urla che erano piaciute un sacco ad Argento ed alla troupe. Appaio in tre inquadrature, una di queste è stata inserita anche nel trailer!!

Devo dire che assistendo alle riprese mi ero fatto l’idea che Trauma sarebbe stato un film grandioso ed effettivamente le scene a cui ho assistito sono tra le migliori della pellicola. Anche Asia recitava bene in inglese, nella versione italiana si è doppiata in modo molto meno efficace.

 

Dopo la pubblicazione di ‘Goblin sette note in rosso’ venni contattato da un canadese, Francois Riendeau, che mi propose di scrivere le note di copertina per il suo secondo album a nome Orgasmo Sonore, intitolato Revisiting obscure film music volume 2. Fu poi la volta di Matthias Scheller, boss della AMS, etichetta discografica specializzata in prog e poi anche in colonne sonore. Aveva letto il mio libro e mi chiese se volevo collaborare fornendo del materiale iconografico relativo ai film (ho migliaia di immagini di poster e fotobuste in archivio) e poi se avevo qualche idea per produzioni discografiche. Chiaramente ne avevo moltissime, solo che capii subito che il principale ostacolo veniva dalla Bixio Cinevox non disposta a cercare negli archivi materiale inedito. Con il passare del tempo mi sono sempre più ‘allargato’, spesso scrivo le note di copertina che sono veri e propri articoli, scelgo i brani, propongo grafiche, sistemo le tracce audio. Questo lavoro e l’uscita della versione inglese del mio libro, mi hanno messo in contatto con le etichette americane Lunaris Records per la quale ho curato Dellamorte Dellamore e la Cadabra Records, specializzata in ‘spoken arts’ cioè letture di classici horror da parte di attori con un sottofondo musicale composto ad hoc, per la quale ho scritto dei saggi, direttamente in inglese, su alcuni capolavori di Edgar Allan Poe.

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Nel frattempo la AMS, forte del contratto di esclusiva con la Cinevox, ha iniziato a collaborare con l’etichetta statunitense Mondo (proprietaria anche dell’inglese Death Waltz), il che mi ha dato la possibilità di proporre e lavorare su altri album. Complessivamente ho ‘messo le mani’ su una quarantina di dischi, colonne sonore di film horror, western, drammatici, polizieschi, ecc. compresi dei veri capolavori. Quelli a cui sono più affezionato sono La Via della droga, Shock, il box di Suspiria, Profondo rosso, 4 mosche di velluto grigio e Ligeia.

 

Fabio Capuzzo

 

TDG :  Come si procede alla pulitura di un brano ? 

FC : Dato che non abbiamo mai a disposizione i nastri originali, intervengo sui file digitali. Ascolto le varie edizioni su CD di un disco e scelgo quella che suona meglio. Poi analizzo lo spettro del brano ed intervengo cercando di migliorarlo, tenendo a mente la resa su vinile, diversa di quella su CD. Molto più complesso e il lavoro per dischi come La via della droga e 4 Mosche di velluto grigio. Lì ho deciso di sciogliere le suite e ricavare i singoli pezzi, mettendoli nell’ordine in cui si trovano nel film (e non quello del CD originale). Un lavoro impegnativo che parte dall’analisi del film e approda alla ricostruzione del brano digitale con gli stessi tagli di montaggio o sovrapposizioni. Ogni volta poi capita che nel film ci siano brani non presenti nel CD, e nel CD pezzi di cui nel film non c’è traccia, per cui, ove possibile, cerco di ottenere i primi lavorando su quello che ho e mantengo i secondi, magari come extra tracks. Un caso particolare è quello di Profondo rosso. Il disco doveva essere pubblicato dalla Mondo/Death Waltz su licenza Cinevox per il tramite della AMS e mi chiesero se avevo qualche idea. Proposi di fare uscire una versione su doppio LP, uno con l’album classico, l’altro con le versioni dei brani presenti nel film: alcune erano già state pubblicate nel CD espanso, altre risultavano del tutto inedite (come i titoli di testa, il blues di Gianna, ecc.) e le ho ottenute io, utilizzando le mie fonti. La mia scelta ha ‘salvato’ il disco perché mentre l’album era ancora in realizzazione è uscita la versione tripla della Waxwork che presenta tutti i pezzi del CD espanso (comprese molte cose che nel film non ci sono e che a mio giudizio appesantiscono parecchio l’ascolto) ma chiaramente non i pezzi extra che ho curato io. Devo dire che vedere l’album con il mio nome in evidenza sulla Obi, nei credit e persino sull’etichetta, è stata una gioia immensa ed ho pensato a quando da ragazzino stringevo l’album originale tra le mani.

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Questa attività in fondo è solo una evoluzione di quello che facevo già negli anni ’80, quando, armato di uno dei primi videoregistratori hi-fi, registravo su nastro i brani estrapolandoli dal film, eliminando al volo i dialoghi con il tasto pausa senza che si sentisse il taglio nella ritmica del brano. È una cosa che continuo a fare anche adesso: ho ore di materiale inedito. Ogni tanto mi diverto ad assemblare brani da una colonna sonora, unendo vari frammenti in modo da creare un pezzo che abbia un senso compiuto: l’ho fatto di recente con Morte sospetta di una minorenne e con Il gatto dagli occhi di giada, ottenendo i pezzi per due ipotetici singoli.

Fabio Capuzzo

 

TDG :  Parlami dei tuoi libri pubblicati, articoli o recensioni

 FC : Nell’estate del 1998 decisi di provare a ‘mettere su carta’ tutto quello che sapevo sui Goblin. Le poche notizie che all’epoca giravano sul gruppo erano scarne e spesso anche del tutto erronee. D’altra parte, parlando con amici e collezionisti, mi ero accorto che la band interessava a molte persone e non solo in Italia, anzi molto più all’estero che nel nostro Paese. Mi ero imbattuto su Internet (parliamo degli albori di internet!) in un sito americano gestito da Ian Zapczynski interamente dedicato ai Goblin, davvero molto bello e ho pensato che se un americano dimostrava tanta passione ed amore per la nostra band era il caso che anche in Italia qualcuno si desse una mossa. Nel giro di tre mesi buttai giù un centinaio di pagine, la prima stesura del futuro libro.

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C’erano i vari capitoli, come nell’edizione poi pubblicata, ma senza note, biografie e discografia/filmografia. Successivamente iniziai a lavorare sulle biografie ed in parallelo ho intrapreso un lavoro di ricerca immane e per me bellissimo. Mi ricordavo di qualche articolo pubblicato all’epoca, un ritaglio del Gazzettino con una intervista ai Goblin l’avevo conservato per decenni (salvo poi non riuscire più a trovarlo) ma mi immaginavo che ci dovesse essere molto più materiale in giro. Così ho iniziato a recarmi nei pomeriggi liberi dal lavoro nella biblioteca universitaria di Padova e mi sono letto tutti (sottolineo TUTTI) i numeri de Il Corriere della Sera, La Stampa, Il Gazzettino, La Repubblica, da metà del 1974 al 1986, alla ricerca di qualche informazione. I quotidiani erano rilegati in enormi volumi e non si potevano fotocopiare, per cui mi segnavo a mano tutto quello che poteva interessarmi, non solo sui Goblin, sui quali mi resi conto quasi subito che c’erano pochissime notizie, ma sui film ed i programmi televisivi.

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Successivamente trovai una emeroteca che conservava i numeri di pressoché tutte le riviste e così, questa volta con ricerche più mirate, mi lessi svariati Ciao 2001, Sound, TV Sorrisi e Canzoni, Radiocorriere TV. Dato che prendeva sempre più corpo l’idea di farne un libro vero e proprio, decisi di aggiungere in nota tutte quelle informazioni che seppur non strettamente attinenti ai Goblin potevano risultare interessanti per un lettore. Pensavo ‘non ne scriverò mai più un altro, mettiamoci il più possibile’. Da ultimo ho tentato di intervistare i principali protagonisti, devo dire con poco successo, un po’ per pigrizia loro ed un po’ perché non sono stato lì ad insistere troppo. Alla fine dei componenti storici solo Simonetti si è dimostrato molto disponibile, per lo meno in questa fase. Nel 2002 il libro era finito e provai a mandare degli abstract ad alcune case editrici.

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Luigi Cozzi con la Profondo Rosso era disposto a pubblicarlo e mi offrì anche 500 euro in cambio dei diritti internazionali ma la cosa mi convinceva poco, non è che i libri che pubblicava all’epoca mi facessero impazzire sia dal punto di vista grafico sia dei contenuti, tante pagine ma notizie vere quasi zero. Per cui il libro è rimasto nel cassetto per anni. Nel cassetto per modo di dire, perché periodicamente lo riprendevo in mano per aggiornarlo e magari aggiungere qualche nota ulteriore… L’inaspettato ritorno dei Goblin sui palcoscenici nel 2009 mi ha fatto scattare nuovamente la molla ed ho deciso di pubblicarlo per conto mio, facendo tutto da solo, dall’impaginazione alla copertina, sfruttando il print on demand.

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Qualche tempo dopo, a fine 2013, sono stato contattato da un editore americano, Tyler Davis, che mi ha proposto di realizzare una versione in inglese del libro. Ho accettato subito e ne ho approfittato per ‘ripensare’ il libro, in modo da renderlo di più agevole lettura ad uno straniero. Ho eliminato dei capitoli, spostato delle parti, cancellato tutte le note, organizzato in modo diverso la discografia, aggiunto alcune pagine sulla situazione socio-politico-musicale italiana negli anni 70 e 80 e chiaramente l’ho aggiornato.  Il libro ha avuto dei tempi di lavorazione lunghissimi, per colpa di traduttori che si sono eclissati dopo svariati mesi senza aver consegnato nemmeno una riga e di grafici che si sono comportati più o meno allo stesso modo. Alla fine metà libro me lo sono tradotto io (tutta la seconda parte ed un paio di capitoli della prima) mentre per la grafica è intervenuta Beth Hall che in pochi mesi ha fatto ciò che non era stato fatto in oltre un anno. Avevo preparato una copertina diversa ma alla fine hanno preferito tenersi vicini a quella dell’edizione italiana.

 

Alla fine del 2016 Matthias mi ha chiesto se avevo qualche idea per celebrare il quarantennale di Suspiria. Ho proposto quindi di realizzare un box con la replica dell’album e della cassetta originale, un disco di inediti, la riproduzione della piuma di pavone con cui viene uccisa la strega ed un libro che avrei scritto io. Il progetto è stato approvato dalla Cinevox e in un solo mese, dicembre 2016, ho scritto il saggio. Una situazione tipica di queste esperienze è che di solito ti danno pochissimo tempo per preparare le cose ma poi cala il silenzio per dei mesi. Anche in questo caso è successo così e solamente nell’estate mi hanno dato le bozze del libro in versione italiana ed inglese, bozze che ho dovuto risistemare in un paio di giorni.

Avevo fornito centinaia di foto, comprese una settantina scattate sul set, ma alla fine hanno scelto loro con criteri che non ho compreso. Credo che sia il libro più completo sulla genesi di Suspiria, con notizie mai apparse prima. Me lo sono riguardato fotogramma per fotogramma, trascrivendo persino le scritte dipinte sui muri del corridoio che conduce da Elena Markos. Ho scoperto che me l’hanno tradotto in giapponese senza dirmi nulla, cosa che chiaramente mi ha indispettito anche se sono contento per i fan giapponesi….

 

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Nel 2018 ho scritto in velocità un libro su Zombi Dawn of the Dead con criteri analoghi a quelli seguiti per il libro su Suspiria. Avevo pensato ad un box per celebrare il quarantennale del film ma la cosa non ha avuto seguito per motivi ignoti. Avevo preparato una suite di oltre venti minuti che comprendeva i brani inediti presenti nel film anche se sapevo che non l’avrebbero mai utilizzata. Infatti per il box di Suspiria li avevo scongiurati di recuperare la colonna sonora preliminare e le film version inedite che pare esistano negli archivi (io per conto mio avevo preparato tutta la sequenza del primo omicidio, cinque minuti di musica con missaggi ed inserti inediti) ma non c’è stato nulla da fare. Addirittura per i brani inseriti nel EP ho dovuto dimostrare che erano già stati pubblicati in Giappone perché altrimenti non li avrebbero utilizzati.

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Per quanto riguarda gli articoli, ho scritto le note di copertina di Revisiting obscure film music vol. 2, Omaggio a Bruno Nicolai ed alle sue musiche per il cinema Giallo, Amo non amo, L’uccello dalle piume di cristallo, Phenomena, Milano odia, la polizia non può sparare, Il gatto a nove code, Metti, una sera a cena, Django, Cinevox 5, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Il diavolo nel cervello, Giù la testa, Per qualche dollaro in più, Queimada, Non si sevizia un paperino, La via della droga, Dellamorte Dellamore, Il cittadino si ribella, Goblin Live 1978, Notturno, Mark il poliziotto, Goblin Greatest Hits Volume 1 e i saggi per la Cadabra sui racconti di Poe The Black Cat, The Masque of the Red Death, Berenice, Ligeia.

Fabio Capuzzo

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Infine, sul numero 29 di Prog Italia è uscito un mio articolo dedicato a Enzo Carella: è la versione breve, quella integrale, assai più lunga, magari la pubblicherò più avanti sul mio blog o su qualche altro sito.

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TDG : Come è il tuo rapporto con i membri dei Goblin ? 

FC : Li ho incontrati diverse volte e quando ci si vede ci si abbraccia e facciamo quattro chiacchiere amichevoli ma nulla di più.

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TDG :  Quali sono gli oggetti più pregiati o che preferisci della tua collezione?

FC : La mia copia di ‘Goblin sette note in rosso’ autografata da musicisti e registi, la pelle della grancassa dei Goblin autografata dal quintetto storico, i manifesti d’epoca promozionali degli album Profondo rosso e Roller, i disegni originali a grafite delle copertine di Profondo rosso, Buio Omega, Tenebre e Phenomena di Randy Ortiz.

Fabio Capuzzo

Amo in blocco tutta la mia collezione di dischi: non li ho mai contati, li misuro in lunghezza! Sono circa dieci metri per cui, a spanna, saranno oltre duemila LP, a cui vanno aggiunti 45 giri e CD.

 

TDG :  Quale e stato il tuo primo disco che hai acquistato?

FC : Mi ricordo perfettamente il primo disco che mi hanno regalato. Era un 45 giri con la colonna sonora di Sugar Colt di Bacalov. Me lo regalò mia mamma perché, uscito dal cinema, fischiettavo il tema del film. Io memorizzo facilmente la musica, mi basta sentire una volta una canzone e te la ripeto. Saranno 40 anni che non ascolto Sugar Colt ma mentre sto scrivendo la mia mente la riproduce. La musica gira perennemente nella mia testa, spesso in modo inconscio, una specie di sotto fondo che ogni tanto sale di volume. Magari all’ improvviso risuona nella mia mente un brano e sul momento non capisco perché, poi pensandoci ricostruisco quale è stato l’input, magari una parola o una situazione, e scopro che il brano è perfettamente a tema.

Ma non è una cosa che faccio scientemente, nasce dal profondo. Questo dono, se così vogliamo chiamarlo, con il corso degli anni ha assunto aspetti patologici. Ci sono delle canzoni che devo evitare di sentire altrimenti mi partono in loop e non riesco più a liberarmene, addirittura per giorni. Una cosa fastidiosissima. Per cui cerco sempre di evitare di ascoltare musica prima di andare a letto, specie quelle colonne sonore in cui lo stesso tema è ripetuto in quasi tutti i brani ma con arrangiamenti diversi.

Fabio Capuzzo

 

Io e mio fratello, ad ‘inizio carriera’, comprammo in società album fantastici che mi hanno segnato per sempre: II dei Led Zeppelin, Electric Ladyland di Jimi Hendrix, In The Court Of The Crimson King dei King Crimson, Ummagumma dei Pink Floyd, Stand Up dei Jethro Tull, Deja Vu di Crosby Still Nash & Young, The End of the Game di Peter Green, John Barleycorn Must Die dei Traffic, If I Could Only Remember My Name di David Crosby, Zeit dei Tangerine Dream, Super Session di Al Kooper, e poi via via. Tra i primi che comparai per conto mio ricordo: Tubular Bells di Mike Oldfield, Wheels of Fire dei Cream, Made in Japan dei Deep Purple, Sabbath Bloody Sabbath dei Black Sabbath, More dei Pink Floyd, Desperado degli Eagles, Tarkus degli EL&P, il primo dei Queen, mentre mio fratello mi regalò per un compleanno Selling England By The Pound dei Genesis.   

Fabio Capuxzzo

 

TDG :  Il concerto più bello che hai visto?

FC : Ne scelgo quattro, Il concerto degli AC/DC allo Hallenstadion di Zurigo nel 1982, assieme a due compagni di classe rockettari come me. Un delirio.

Il concerto dei Pink Floyd allo stadio Friuli di Udine nel 1994. Li avevo già visti nel 1988 a Modena ma quello di Udine è stato speciale perché avevo regalato il biglietto anche a mio fratello e a mia mamma. In autostrada si scatenò una tempesta con tanto di grandine che continuò anche una volta arrivati allo stadio ma per fortuna i nostri posti erano in tribuna centrale. Poi, poco prima che iniziasse il concerto, le nubi si sono diradate, il cielo si è fatto terso, illuminato da una luna splendente ed è iniziata la musica. Fantastico.

Fabio Capuzzo

Il concerto dei Goblin a Foligno nel 2009 con il mio amico gobliniano Diego, la realizzazione di un sogno dopo una attesa di decenni.

Il concerto dei King Crimson al teatro La Fenice di Venezia nel 2018 in compagnia di Letizia.

Tutti i concerti a cui ho assistito sono belli e memorabili, il quid in più viene dalle persone speciali con cui li condividi.

Fabio Capuzzo

 

TDG :  Progetti futuri?

FC : Per il Record Store Day esce Goblin Greatest Hits volume 1 che ho curato sia nella scelta dei brani che nelle note di copertina. Ho inoltre preparato da diversi mesi una edizione espansa su due LP di Phenomena con alcuni inediti, e le complete edition di Contamination e Patrick ma non so quando, e soprattutto se, verranno realizzati. Sono tempi duri per tutti, anche per le case discografiche che rischiano di chiudere.

Mi piacerebbe ristampare il libro su Suspiria con tutte le foto che ho raccolto e fare uscire quello su Zombi. Ho anche in mente un paio di libri, uno praticamente solo di immagini che ho raccolto nel corso degli anni. Ci sarebbe poi la versione aggiornata e riadattata di ‘Goblin Sette Note in Rosso’ perché sono passati quasi dieci anni dalla sua pubblicazione e sono accadute molte cose e altre ne ho scoperte. Non si finisce mai di scoprire cose sui Goblin!!

Fabio Capuzzo

 

TDG : Grazie Fabio per questa splendida chiacchierata

FC: Grazie a te Roberto ed un saluto a tutti gli amici ed ai fan dei Goblin 

 

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